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Recensioni dello spettacolo

da: guide.supereva.it 10 aprile 2010 Leggi

da: Il Caffè 9 aprile 2010 Vedi pdf

da: qualeteatro.com aprile 2010 Leggi

da: beatbopalula.it 6 aprile 2010 Leggi

da: Cymbaline (fanzine) 4 Novembre 2009 Vedi pdf

da: Musical (rivista) Gennaio/Febbario 2009 Vedi pdf

da: pink-floyd.it 26 novembre 2008 Leggi

da: radiogas.it 2008 Leggi

da: operaclick.com 2008 Leggi

da: livecity.it 14 dicembre 2008 Leggi

da: pink-floyd.it 26 novembre 2008 Leggi

da: loschermo.it 27 novembre 2008 Leggi

 

da: guide.supereva.it 10 aprile 2010

di Gaetano Menna

Grande successo al Teatro Brancaccio di Roma per il rock show dedicato ai Pink Floyd

"Welcome to the machine": il teatro Brancaccio, affollato da un pubblico inter-generazionale, ha accolto con entusiasmo il "rock show " dedicato ai Pink Floyd. C'è una band che si intravede dietro il velo di tulle che suona rigorosamente dal vivo per più di due ore, proponendo una intelaiatura corposa e grintosa. C'è un percorso narrativo cantato e ballato, con brani floydiani inanellati a raccontare.

La recensione

In scena al Teatro Brancaccio di Roma fino all’11 aprile 2010 Signori benvenuti nella “macchina”. Signori benvenuti al Teatro Brancaccio di Roma dove si propone la storia di Syd (Barrett), attraverso le composizioni dei Pink Floyd.
Benvenuti negli anni a cavallo tra i 60 ed i 70, benvenuti nella Love Summer, nella Londra della “rivoluzione” pop e di costume (ricordate il film “Blow-up” di Antonioni con le musiche proprio dei Pink Floyd?). Non c’è recitato ma un percorso narrativo cantato e ballato, con brani floydiani inanellati a raccontare. Un’operazione titanica ma suggestiva, che sta riscuotendo davvero un grande successo . La storia è semplice: l’ascesa di una rock band sulla spinta creativa e propulsiva del suo leader. Il produttore discografico pescecane, il contorno di groupies e fidanzate e… la droga che inizialmente apre la mente ma poi fagocita, isola e distrugge.

“Welcome to the machine” è il brano tratto dall’ album “Wish You Were Here” dei Pink Floyd pubblicato nel 1975. Da questa canzone trae il titolo ma anche la trama centrale e nevralgica dell’omonimo rock show presentato da Metropolis Produzioni.
Il testo della canzone descrive il dialogo che avviene tra il vampiresco discografico ed il cantante/leader. Però è il discografico a decidere il destino del cantante, seguendo esclusivamente il criterio dell’assoluta esigenza del business. The Machine, cioè la Macchina, è l’industria musicale, che si nutre del talento. C’è poi la “grande madre” (proposta gigantesca e immobile) la famiglia che vorrebbe proteggere. Ma la famiglia, la compagna, gli amici non sono in grado di aiutare l’artista.
“Welcome to the machine” come composizione (e come spettacolo costruito a suo nome) in un certo qualmodo incolpa dello squilibrio di Syd Barrett non solo l’abuso di droghe allucinogene ma anche, come concausa, le pressioni dello star system, (“Benvenuto figliolo, benvenuto nella macchina/ Cosa hai sognato?/ Va tutto bene, ti abbiamo detto noi cosa sognare/ Hai sognato una grande stella,/Suonava una chitarra arrabbiata…”).
In quell’album, e sul palcoscenico del Brancaccio, viene proposta anche “Shine On You Crazy Diamond” la canzone dei Pink Floyd,che è struggente omaggio a Syd (”Splendi su di te, diamante pazzo/ sei stato catturato nel fuoco incrociato / di infanzia e notorietà / soffiato via dalla brezza d’acciaio“).
Il teatro Brancaccio, affollato da un pubblico inter-generazionale, ha accolto con entusiasmo questo “musical”. C’è una band (capitanata dal tastierista Massimiliano Salani che ha pure curato la direzione musicale) che si intravede dietro il velo di tulle che suona rigorosamente dal vivo per più di due ore, proponendo una intelaiatura corposa e grintosa con le sonorità dei Pink Floyd.
Sul velo che diventa schermo scorrono immagini di una stagione ma anche animazioni grafiche 3D, suggestioni psichedeliche,scene registrate con gli attori in esterni e riprese live con la telecamera proiettate sul grande schermo. La scena è animata da ballerini-cantanti nei loro variopinti abiti di scena da figli dei fiori degli anni 60/70 . Più in alto un piccolo schermo fornisce i testi tradotti, permettendo agli spettatori di addentrarsi nella narrazione e nei testi immaginifici.
Il bis è dato dalla popolare “Another Brick in The Wall” con la band finalmente in primo piano e tutti gli artisti in proscenio… ed il pubblico in piedi a cantare e ballare. Per una chiusura del rock show davvero da brivido.
Dopo le tappe di Firenze , Bologna e Roma (al Teatro Brancaccio fino all’11 aprile), il rock show sarà a, Milano (27-30 aprile), Livorno (10-11 maggio).

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da: qualeteatro.com aprile 2010

di Tania Croce

Welcome to the machine Pink Floyd musical

Ha brillato come un ‘crazy diamond’ il suo volto luminoso e autentico, senza l’ombra di una maschera, poi è divenuto cupo, allucinato… fino a spegnersi. Voleva essere libero di vivere la sua arte e morire senza temere la morte, il suo nome è Roger Syd Barret, il protagonista di questo viaggio negli anni ’60.
Il ricordo è il leit motiv del concerto spettacolo dedicato a Syd (Francesco Dini), il primo leader dei Pink Floyd, invischiato nell’ ingranaggio dello show business, ammaliato prima da Frank, il produttore cinico e spietato (Nicola Palladini) poi da Steve, il pusher (Daniele Gatti), demoni tentatori danzanti intorno al Dio denaro.

Attraverso alcuni dei testi più noti della band inglese, non solo interpretati ma anche tradotti e proiettati in alto sul proscenio, si è acceso il racconto della vita di un artista troppo illuminato e geniale per sopravvivere alle regole imposte dalla ‘macchina’ dello spettacolo . Ed è questo a consumarlo, oltre all’uso spasmodico di droghe. Appare come sua dea salvatrice Matilda, la madre (Alessia Ferrari) che tenta di proteggerlo con braccia lunghe e rassicuranti ma a nulla valgono le sue nenie confortanti e neanche l’amore di Marylease può salvarlo, perché l’amore muore, si consuma.

La musica psichedelica domina la scena ed esplodono fasci luminosi che, con la stessa intensità delle note musicali, squarciano il cuore e la mente paranoica di Syd, condannato dal giudice spietato Hippie (Emanuele Banchio) e dalla sua stessa follia, a scomparire.

Eccellente la performance di Francesco Dini, magnifico cantante e ballerino, abilissimo nel vestire i panni del memorabile leader dei Pink Floyd, a cui la band dedicò negli anni ’70, la splendida Wish you were here, che abbiamo ascoltato questa sera attraverso le note vibranti dei musicisti diretti da Massimiliano Salani.
Un cast eccezionale come il suo regista, Emiliano Galigani, ha dato vita ad un concerto, balletto recitato e cantato con incredibile energia e talento! Uno spettacolo indimenticabile.

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da: beatbopalula.it del 06/04/2010

di Claudio Colombis

Welcome to the machine
Teatro EuropAuditorium – Bologna
The Rock Show.

Non è assolutamente un caso che un buon musical sia stato rimesso in scena dopo sette anni dal suo debutto e abbia sempre un grande effetto sugli spettatori dell’EuropAuditorium di Bologna (un anno di grande programmazione).

Welcome to the machine è uno show di luci, colori, immagini rivolte a esporre il trend di un’epoca davvero particolare come poteva essere quella della fine degli anni 60’, ovvero “il viaggio”. L’inizio dello show ci immerge in uno stato di riflessione volto a metterci in contatto con i nostri sensi e il cast del musical ci riesce benissimo da subito con una canzone tanto bella quanto difficile da cantare come The great gig in the sky interpretata da Daniela Bulleri nelle vesti di Marylease, ragazza di Syd (Francesco Dini).

In meno di quattro canzoni, oltre a renderci conto dell’incredibile portata artistica dei Pink Floyd che tra l’altro non ci lascia stupiti, ci accorgiamo di essere già nel pieno della storia con Syd subito sedotto da un produttore che promette fama e successo, ma soprattutto soldi. Così sulle note di Have a cigar canzone funky e psichedelica, Syd si fa convincere e comincia il suo viaggio turbolento e pieno d’imprevisti. Passano cosi le melodie di The thin ice, One of the few, Young lust e si arriva a Welcome to the machine caratterizzata da tastiere dal suono tagliente e avvolgente e dal fatto che segna i primi problemi per il nostro protagonista.

I primi pensieri antecedenti il musical potevano portarci alla rapida conclusione che le lente e lunghe canzoni dei Pink mettessero in scena uno spettacolo dai bassi ritmi, invece la rapida successione delle canzoni e l’incredibile facilità con la quale si amalgamano resta un bel marchio di fabbrica della buona messa in scena. Dopo aver suonato Shine on you crazy diamond, In the flesh, Breathe, Time è quasi superfluo dire che la gente muovesse il capo come segnale sia di conoscenza dei brani che d'approvazione e in men che non si dica il primo atto volge al termine.

La seconda parte si affida a un megaschermo con le immagini di una libellula che attraversa uno strano percorso che assomiglia a un ammasso di ferraglia sotto le note di One of these days e qui la parte psichedelica prodotta da musica e immagini è quasi ipnotica. L’effetto è senza dubbio voluto e creato per fare da antipasto a canzoni come The final cut dove Syd non regge i ritmi e sotto l’effetto di droghe si distacca dalla realtà e dalle persone che gli vogliono bene come Marylease.

Qui comincia il lungo viaggio nella mente del protagonista ormai al crollo emotivo con le canzoni Run like hell e Mother, in particolare quest’ultima canzone pone l’accento sull’infanzia turbata da una madre protettiva e volta a scaricare le ansie sul figlio. Il ritorno in scena di tutto il cast avviene in Wish you were here canzone che scalda il cuore di tutti gli spettatori ancora una volta tutti conquistati dalla ballad cantata da tutti.

Questo musical è bello coinvolgente anche emotivamente, anche se forse avremmo voluto una scenografia diversa da quella minimal messa in scena, ma ciò non toglie che lo spettacolo fosse ed è degno di essere visto e apprezzato proprio come abbiamo fatto noi.

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da: cantine.org del 09/10/2009

Sbarca al Teatro Colosseo di Torino Welcome to the Machine, il musical presentato da Metropolis Produzioni e promosso da Emme K Events, dedicato alla rock band più famosa di tutti i tempi: i Pink Floyd.

Ha tutti i crismi del musical, ma non ha l'artificiosità e la pesantezza tipica del genere, anzi, lo spettacolo, scritto e diretto da Emiliano Galigani, è un concerto, un racconto che scorre fluido ed intenso e che getta il pubblico nel mondo psichedelico e disperato dei Pink Floyd di Syd Barrett.
La narrazione è affidata agli stessi Pink Floyd, che con i testi loro brani più famosi sembrano aver intenzionalmente costruito la sceneggiatura del live, ispirato alla storia di Syd Barrett, primo leader della band.
L'incipit è dato dallo speaker di una radio che, in un'estate assolata, regala ai suoi ascoltatori le note di "Pigs On The Wings part II", mentre le immagini proiettate alle spalle della scena raccontano l'epoca in cui la vicenda si svolge.
Il musical ripercorre gli albori della carriera di Syd, gli anni della psichedelica e della trasgressione, il successo e gli eccessi, fino al declino ed il crollo, che lo trascinarono nell'inferno dell'ospedale psichiatrico, attraverso i ricordi del compagno di avventura, Roger Waters, storico bassista e cantante del gruppo, il Jack dello spettacolo, sapientemente interpretato da un bravo Nicola Pecci, un po' offuscato dal carisma degli altri protagonisti. Barrett viene stritolato dalla terribile macchina dello spettacolo -la "Machine" del titolo-, ed è il simbolo del talento, corrotto e sgretolato dalle regole dello showbiz.
Sublime è Syd, Francesco Dini, vocalità eccezionale ed interpretazione intensa, ma a catturare la scena è l'istrionico, mefistofelico, folle Nicola Palladini, nei panni del produttore. Divina anche la compagna di Syd, Marylease, cui dà vita la superba Daniela Bulleri, ed inquietante la presenza ingombrante, protettiva e possessiva, della madre di Syd, Matilda, impersonata dalla esile Alessia Ferrari, ingigantita da impalcature e protesi, quasi a sembrare un mostro mitologico.

E, proprio come un concerto, lo spettacolo ha una vera e propria scaletta. A volte disturba un po' l'applauso al termine di ogni brano, che interrompe il filo del racconto, ma risulta davvero impossibile non rendere omaggio ai protagonisti che raccontano meravigliosamente le canzoni dei Pink Floyd, senza smaccata emulazione, ma con un'interpretazione, viva, autentica. La musica è suonata rigorosamente dal vivo: meritano una menzione gli straordinari musicisti, Massimiliano Salani (tastiere), Christophe Wallet (basso), Giacomo Dell'Immagine (chitarre), Stefano Bellandi (batteria), che trascorrono le 2 ore di spettacolo in un modo di ombre cinesi, sempre presenti sul palco, ma solo come profili, un sottofondo perpetuo che vive nelle casse e nello stomaco degli spettatori.

L'ambientazione è assolutamente 60's, rievocata dalle scenografie rigorose di Emilia Rosi e dai costumi di Sandra Cianci, che regalano sprazzi visivi di anni '60 senza eccedere nella caricatura, con sobrietà e colore, lasciando il palco alla vera protagonista, la musica. I giochi di luce sono centellinati e preziosi ed il loro saggio utilizzo dà l'accento ai momenti più significativi.
C'è uno schermo cui è affidata la traduzione dei testi durante la narrazione cantata dai vari personaggi: peccato che non sia perfettamente visibile in tutti gli angoli del teatro e che, soprattutto, sia fastidiosamente in ritardo su diversi brani, rendendo un po' meno godibile il racconto.

Lo spettacolo, che Metropolis ed Emme K Events porteranno in tour per tutto lo Stivale e non solo, regala due ore di emozioni, musica, colori, passione, suddivise in due atti, fino al doveroso, applauditissimo bis "Another Brick In The Wall part II", per uno spettacolo davvero perfetto: musica, luci, colori, sapientemente calibrati, per un suggestivo viaggio psichedelico, quasi taumaturgico, nel mondo di una delle più grandi band dello scorso millennio.

 

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da: www.loschermo.it del 27/11/2008

Il degrado dei rapporti sociali nell'epoca del profitto:
i Pink Floyd al servizio del musical

Cultura e Spettacolo : Teatro
di Alessandro Lazzarini

LUCCA - La decadenza dei rapporti sociali degradati da ambizione e sete di potere raccontata attraverso le musiche e le parole dei Pink Floyd. E' questa una delle chiavi di lettura dell'ambizioso musical "Welcome to the Machine" , produzione tutta lucchese il cui nuovo allestimento ha esordito al Teatro del Giglio. Balletto, concerto live e arte visuale, lo spettacolo è una fusione di generi artistici in grado di soddisfare ogni fascia di pubblico e conferma l'opera della band britannica come genere universale capace di elevarsi al livello della musica classica.

A sette anni di distanza dalla sua prima messa in scena ha debuttato in prima nazionale ieri (mercoledì 26 novembre) al Teatro del Giglio il nuovo allestimento di "Welcome to the machine", musical scritto e diretto da Emiliano Galigani e prodotto da Metropolis Produzioni, associazione culturale lucchese attiva sul territorio nazionale che si propone la promozione di iniziative artistiche legate alla musica, allo spettacolo e alle arti visive.

L'opera si avvale delle musiche dei Pink Floyd per raccontare la storia dell'amicizia tra Jack e Syd, due inseparabili sognatori uniti dalla passione per la musica. Saranno i ricordi del primo a far rivivere la storia del secondo, il più talentuoso dei due, che travolto dal successo e divorato dall'ambizione finirà per essere schiavo di se stesso, incapace di relazionarsi con i suoi affetti e quindi solo in preda alla pazzia.

La trama è chiara e lineare, con una prima parte che rappresenta l'amicizia e la vita quotidiana dei due fino all'incontro tra Syd e un impresario senza scrupoli che ne farà una rockstar. La seconda parte del primo atto mostra l'ascesa della nuova star, sempre più dipendente dal suo egocentrismo e dalla droga, fino al collasso emotivo. Il secondo atto ci mostra Syd imprigionato nel suo mondo allucinato reiterare se stesso fino al completo degrado dei suoi affetti, poi il finale con l'esame di coscienza del protagonista, che condanna se stesso a relazionarsi di nuovo col mondo reale, scappando dal vacuo universo della propria vanagloria. Ma ormai intrappolato definitivamente nella sua allucinata paranoia, finirà internato in un ospedale psichiatrico.

In sostanza la storia è una libera fusione tra la vita di Syd Barrett, genio fondatore dei Pink Floyd, e Pink, protagonista alienato dell'opera rock più famosa di sempre, "The Wall". Il tutto è raccontato attraverso un interessante collage dei pezzi della band britannica, e si offre a diverse chiavi di lettura, come fisiologico vista l'ampia scelta di repertorio a firma di Roger Waters, leader del gruppo dopo la dipartita di Barrett, che ha sempre fuso nei suoi testi note autobiografiche, temi sociali e politica. Se da un lato è evidente la critica all'ambizione e al cinismo insiti nella natura umana, non sfugge una denuncia all'ideale del profitto - vera religione dei nostri tempi - che senza scrupoli si nutre della vita delle persone in nome del Dio 'soldi' ("Money").

Dal punto di vista scenico la rappresentazione è tecnicamente molto ambiziosa, di impatto visivo assolutamente appagante. Lo svolgersi dei fatti si può seguire, oltre che sul palco, su un schermo che lo sovrasta dove gli spettatori possono leggere i sottotitoli in italiano delle canzoni, tutte ovviamente in inglese, eseguite dagli attori. La scena si presenta con un palco dentro il palco, il quale ricalca la scenografia tipica dei concerti dei Pink Floyd dopo il 1985, dove quattro musicisti eseguono i brani. Il gruppo rimane offuscato da un telo che funge da secondo sipario, alzandosi solo quando avviene la messa in scena delle esibizioni di Syd e, quando è abbassato funge da schermo dove sono proiettati filmati, animazioni grafiche ed effetti di luci psichedelici che accompagnano le gesta degli attori. Lo scenario in cui si muovono è quello della 'Swinging London' anni sessanta dove gli attori, vestiti con i tipici abiti del periodo, cantano, ballano e recitano il musical.

Gli autori si pongono con umiltà di fronte al repertorio di Waters e compagni, tenendo la loro opera in equilibrio tra omaggio alla band e lavoro originale. Se è vero infatti che è ampiamente riscontrabile il richiamo, a volte anche la riproposizione lineare, dell'iconografia e dello stile floydiano, non mancano spunti e le idee originali, sempre comunque proposte con riverenza nei confronti della grandezza dell'opera della band di Cambridge. Tuttavia il mix di generi artistici, teatro, concerto live e arte visuale, danno a "Welcome to the machine" un raffinato tocco autoriale.

Ecco allora che allo stile psichedelico tipico vengono aggiunti filmati con gli attori ripresi fuori scena, allucinate animazioni grafiche, affascinanti coreografie e anche varianti sull'interpretazione musicale e canora dei pezzi. Tra tutti ci sentiamo di citare come particolarmente degne di nota le coreografie che accompagano i pezzi "Welcome to the machine" e "Run like hell", entrambe originali e assolutamente sconvolgenti a livello visivo, oltre che alle entrate in scena di Matilda, enorme e asfissiante madre di Syd, modulata dall'iconografia di 'The Wall' ma non per questo meno intrigante per il pubblico in sala.

Non mancano nel corso della messa in scena piccoli inconvenienti tecnici, ma la rappresentazione è complessa e i mezzi non sono certo quelli di Brodway (appena 60mila i costi di produzione). Se è possibile trovare una pecca in "Welcome to the machine", nella seconda parte i cultori dei Pink Floyd faranno fatica a distinguere il protagonista del musical dal protagonista di "The Wall", con forse un eccesso di repertorio pescato dall'opera rock, che sembra sempre più prendere il palco in vece del soggetto messo in scena, salvo poi riportarci all'originalità con un diverso finale.

Ma sono tanti i pregi per il quale "Welcome to the machine" merita di essere lodato. Innanzi tutto il pubblico mostra di gradire sinceramente ed entusiasta si lascia rapire da musiche splendide e da una scena dall'impatto visivo di assoluto spessore e fascino. Lo spettacolo inoltre è in grado di piacere a tutti poiché compiace i cultori dei Pink Floyd ma, soprattutto, è in grado di portare ai (troppi) che ne sono all'oscuro i contenuti e il genio assoluto di un gruppo il cui rock è di qualità talmente elevata da ergersi indiscutibilmente al livello della musica classica.

"Welcome to the machine" - il musical

Musiche dei Pink Floyd, scritto e diretto da Emiliano Galigani

Una produzione Metropolis Produzioni

Cast: Francesco Dini (Syd) - Emiliano Geppetti (Jack) - Daniela Bulleri (Marylease, ragazza di Syd) - Nicola Palladini (Frank, l'impresario) - Ilaria Andreini (Matilda, la madre) - Alessandro Arcodia (Steve, il medico ‘pusher') - Ada Doria (Jamie, la fotografa) - Rebecca Innocenti (Anne, la bodyguard) - Emanuele Banchio (Hippie, il giudice) - Beatrice Baldaccini (Babybubble, l'assistente) - India Simi (Candibubble, la showgirl) - Moreno Petroni (Joshua, il video maker)

Musicisti: Massimiliano Salani (tastiere) - Christophe Wallet (basso) - Giacomo Dell'Immagine (chitarre) - Stefano Bellandi (batteria)

Emilia Rosi (scenografie) - Lisa Orsi (aiuto scenografa) - Alessandra Moretti (coreografie) - Sandra Cianci (costumi) - Silvia Bellandi (trucco) - Massimiliamo Salani (direzione musicale) - Alessia Ferrari (direzione cori) - Serenella Monti (aiuto regia) - Alessandro Cinquini (assistente alla regia) - Luca Balsamo, Enrico Nencini (animazione e computer grafica) - Emiliano Galigani (montaggio video) - Andrea Barsanti, Michele Pera (fotografia) - Giuseppe Lena (disegno luci) - Amandla production, Cristian Lugnani, Simone Lazzarini (fonica) - Emiliano Galigani (soggetto e regia)

Tracklist:

Atto I

Pigs On The Wings part II
The Great Gig In The Sky
Astronomy Domine
Have A Cigar
The Thin Ice
One Of The Few
Young Lust
Welcome To The Machine
Money
Shine On You Crazy Diamond
In the Flesh
Breathe Reprise
Paranoid Eyes
Time
Brain Damage
Comfortably Numb

Atto II

One Of These Days
Set The Controls For The Heart Of The Sun
Stop
Pigs On The Wings part I
One Of My Turns
The Final Cut
One Of The Few
Mother
Run Like Hell
Nobody Home
The Trial
If
Wish You Were Here
Goodbye Cruel World
Eclipse
-
Another Brick In The Wall part II

 

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da:
pink-floyd.it - Lucca 26 novembre 2008

WELCOME TO THE MACHINE - recensione di Giovanni Cinelli

Bravi, Bravi, veramente bravi

Forse mi è piaciuto oltremodo, perché ero prevenuto, visto l’esiguo tempo, che a leggere l’invito per le audizioni, sarebbe trascorso tra la selezione dei cantanti, le prove, e la data dello spettacolo; ad onor del vero devo confessare un certo sospiro di sollievo quando ho letto che alle tastiere era seduto un certo Massimiliano Salani, che conosco musicalmente e che avevo già sentito nel lontano 2001 in una performance pressoché simile incentrata molto sull’area the wall.

Ma torniamo alla rappresentazione, oltre 2 ore di musica dal vivo ben eseguita dal quartetto formato da Massimiliano Salani alle tastiere, Cristophe Vallet al Basso, Giacomo Dell’Immagine alle chitarre ed infine alla batteria Stefano Bellandi, di loro si è apprezzato un suono pulito nello stile floydiano la batteria rivela un tocco molto nitido, preciso con una parola direi molto Masoniano, lo stesso dicasi per il resto della band, anche il palco e la scenografia non tradiva sicuramente lo stile, con testi tradotti proiettati su un pannello in alto sul proscenio ed un arco che oltre a sostenere l’impianto luci, sovrastava la band posta sullo sfondo del palco e rialzata rispetto agli attori il tutto schermato da un sottile telo bianco calato dall’alto reso appena trasparente da un effetto di luci soffuse.

Il personaggio è liberamente ispirato alla figura di Roger “Syd” Barret, poeta visionario, la liberazione della mente attraverso l’arte, precisa in una nota il regista Emiliano Galigani, è infatti il nodo che porta Syd ad accettare di diventare una rockstar, un simbolo. Quello stesso percorso lo porta invece ad essere completamente schiavo del sistema correlato allo show business. In welcome to the machine il mondo dell’arte e del profitto sono contrapposti.

La storia si snoda perfettamente con i testi delle canzoni a noi tutte care, si parte con The Great Gig in the Sky, Have a Cigar e via alla interpretazione che raggiunge il massimo come espressività e come perfetta attinenza delle parole e degli argomenti al tema Barrettiano con l’album The dark side of the moon, la pazzia, i soldi e il tempo che vola via; i cantanti\attori hanno risposto bene, non è semplice cantare un certo tipo di musica, ricordiamo che anche i Pink Floyd ricorsero a Roy Harper per registrare Have a Cigar brano troppo alto per Gilmour.

Nella seconda parte entra in scena The Wall, ed è piacevole scoprire come anche i testi ben si fondono alla vita di Barrett e non solo di Waters, la figura materna e della fidanzata che nello spettacolo non abbandona mai Syd si ripropongono durante il processo dove la giuria condanna definitivamente Syd al manicomio come parte della canzone TheTrial recita:

“L’evidenza innanzi alla Corte è
Inconfutabile, che non c’è neanche bisogno
che la giuria si ritiri.
In tanti anni di magistratura
Non avevo mai sentito
Nessuno più meritevole
Del massimo della pena.”

Syd è ora definitivamente pazzo e questo contribuisce rendere ancora più struggente la canzone di chiusura ECLIPSE

Durante la serata erano presenti 4 telecamere e il fonico ha registrato tutto lo spettacolo…

Coincidenze, viene citato Hendrix in Nobody Home, stasera 27 novembre, per la replica è il suo compleanno.

GIOVANNI CINELLI (lulubelle3alice.it)

 

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da:
livecity.it - 14 Dicembre, 2008

Recensione e foto di ‘Welcome To the Machine’, il musical sui Pink Floyd
Scritto il 14 Dicembre, 2008 in Reportage Concerti Nazionali, Mondo Teatro

A sette anni dal suo debutto assoluto, la nuova produzione di ‘Welcome To the Machine‘ ha esordito con un ottimo successo di pubblico in due serate al Teatro del Giglio di Lucca, lo scorso 26-27 novembre. Avvalendosi di una ventina di pezzi del repertorio dei Pink Floyd, in circa due ore, si descrive la parabola umana di Syd Barrett, leader della prima formazione della band. E, come nella musica dei Floyd, la storia del talentuoso musicista, il cui sistema nervoso collassa schiacciato dalla pressione e dagli eccessi, e’ il punto di partenza per raccontare la macchina dello Spettacolo e tutte le sue insidie e contraddizioni.

Bellissima musica dei Pink Floyd a parte, va sottolineato l’apporto creativo che Emiliano Galigani, autore e regista, e tutto l’entourage danno allo spettacolo. La forma prescelta e’ quella del musical interamente cantato e la scelta del repertorio e’ estremamente curata. La band e’ all’altezza, rispettosa dell’originale ma capace di introdurre appropriati ri-arrangiamenti quando se ne presenti la necessita’. La parte visiva presenta diverse trovate e un mix d’effetto di luci, scenografie e proiezioni.

Brillano per originalita’ e per la perfetta collocazione i pezzi pescati dal repertorio piu’ oscuro, tra cui ‘The final cut‘ o ‘Nobody Home‘, entrambi affidati alla splendida voce di Daniela Bulleri, interprete di MaryLease, la fidanzata di Syd. Syd stesso (Francesco Dini) e’, invece, l’anima rock dello show, a suo agio nei panni della rockstar trascinatrice (‘In the flesh’) e del lunatico paranoico (‘Brain damage’). Frank (Nicola Paladini) e’ l’avido produttore, un istrione carismatico e a volte caricaturale ma estremamente efficace, mentre il personaggio di Jack (Emiliano Geppetti) e’ piu’ discreto in quanto narratore della storia e a lui toccano i pezzi come ‘Wish you were here‘, dove il riferimento a Barrett era gia’ piu’ che esplicito nell’originale floydiano. Di MaryLease si e’ detto, bravissima anche Ilaria Andreini, nei panni della madre ossessiva ma sopratutto autrice di una spettacolare performance in un pezzo non certo facile come ‘The great gig in the sky‘.

Lo spettacolo non e’, ovviamente, perfetto. Meglio decisamente la seconda sera, mentre alla prima il cast e’ obiettivamente un po’ frenato e c’e’ qualche inconveniente tecnico di troppo, magari anche comprensibile in un allestimento ambizioso ma dal budget non faraonico. I riferimenti a ‘The wall‘ ci sono, inevitabilmente, anche se, personalmente, non mi sembrerebbe giusto sottolinearli oltre misura e la parte finale, a parte una tiratissima ‘Run like hell‘, e’ un po’ pacata seppur coerentemente con la storia narrata. E’ un spettacolo, però, che merita senz’altro una visione e che ha le caratteristiche per entusiasmare tutti, non solo gli amanti della musica dei Pink Floyd.

‘Welcome to the machine’ andra’ in tour nei teatri italiani durante la prossima primavera. Per maggiori informazioni, potete visitare il sito ufficiale dello spettacolo, www.welcometothemachine.it, o della casa di produzione Metropolis, www.metro-polis.it.

 

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da:
radiogas.it

WELCOME TO THE MACHINE - Il Musical - Teatro del Giglio Lucca

Lo scenario si apre e su sfondo bianco Jack (Emiliano Geppetti) è seduto e sta guardando la televisione. Il passaggio di una canzone lo porta a ricordare l'amico Syd (Francesco Dini). Così inizia Welcome To The Machine, il musical che viene presentato in prima nazionale al teatro del Giglio di Lucca. In realtà non è una vera e propria novità ma una versione riveduta, corretta e migliorata, a detta di chi ha avuto il piacere di vedere anche la precedente edizione, dello spettacolo del giovane regista Emiliano Galigani. Regista bravo e talentuoso che sopperisce alla mancanza di budget milionari con la capacità di essere creativo con pochi ma efficaci effetti scenici. La storia è ovviamente ispirata a Syd Barret e altrettanto ovviamente a The Wall, opera sonora-visiva di fondamentale importanza della storia del Rock. E per questo molto difficile da affrontare senza cadute. Galigani ci riesce offrendo spesso notevoli punti di interesse grazie anche all'uso di un'ottima "fotografia" giocata molto sull'effetto dei personaggi in ombra. Bella la scelta di tenere il gruppo in ombra per la prima mezz'ora dello spettacolo, belle le scene in cui i personaggi sono messi in ombra su sfondo blu ma ancor più bella quando Syd si ritrova a cantare su sfondo rosso e nettamente di impatto una delle scene finali illuminate dalle "Flash Light" che shockano in maniera adeguata a ciò che sta succedendo.
Belli i costumi molto fine anni '60, tra colli alti, capelli lunghi, camice pre-flower-power, giacche di pelle luccichente perfettamente adatta alla figura di Frank il produttore (Nicola Palladini) e una madre, figura importante nel mondo, importantissima in questo spettacolo, ingigantita nelle proporzioni e vestita come se fosse una Madonna (non la cantante) proletaria.

Conclusa la parte "visiva" è d'obbligo analizzare anche quella sonora. Non è facile cancellare la memoria storica delle voci che si hanno in mente per delle canzoni che da una trentina d'anni mi passano nella testa. Nessuno può avere il timbro di voce di Roger Waters, questo è un dato di fatto e imitarlo sarebbe solo un voler cadere in disgrazia. Bravo quindi Francesco Dini a sentirsi libero di interpretare alla sua maniera le canzoni dei Pink Floyd. Anche perchè ha una bella voce. Come una bella voce hanno tutti. E infatti ognuno si accolla la sua parte e la canta e siccome tutte le musiche sono dal vivo e la banda che sta sotto a quello che sembra un "ridotto" del classico palco dei Pink Floyd suona in presa diretta sembra un pò di assistere ad un concerto della band inglese con voci nuove anche perchè gli arrangiamenti musicali sono praticamente uguali agli originali tranne in alcuni accordi che ovviamente sono costretti ad adeguarsi alle voci che stanno cantando. Il repertorio attinge nella sua quasi totalità al periodo "Watersiano" dei Pink Floyd, quello che va dalla dipartita di Syd Barrett alla dipartita dello stesso Waters, di cui a mio avviso il regista è un fan sfegatato. A dimostrazione di questa mia, ardita, tesi si noti lo spazio dedicato alla più watersiana delle opere floydiane, quel "The Final Cut" abbondantemente sottovalutato dalla critica ma ampiamente ricompensato dall'affetto dei fans a cui il sottoscritto si iscrive. Altro dato di fatto da prendere in considerazione è che quasi tutte le canzoni tratte da questo album sono state cantate dalla bravissima Daniela Bulleri che recita la parte di Marylease, la ragazza di Syd cantando come una J. Joplin più aggraziata e, spero per lei, meno southernconfortizzata dimostrando capacità canore una spanna sopra gli altri e di tante altre che con la sua voce ci campano. Brave anche le coriste, tutte, che hanno il merito di essere molto simili alle originali. Ottimi tutti i musicisti che non sbagliano niente e suonare i Pink Floyd non è proprio la cosa più facile da fare.

Insomma, bravi tutti. Nelle due ore dello spettacolo non c'è stato niente che mi abbia fatto storcere il naso e lo spettacolo si chiude con gli applausi ritmati di tutto il teatro.

Sorpresa. Per dare ancor più la sensazione di essere ad un concerto c'è il tempo di mettere ancora un altro mattone nel muro di luci e suoni di questo spettacolo e infatti il cast ricompare, tra la stupore del pubblico, per il classico, nei concerti non a teatro, bis.

Concordo in pieno con il floydologo che mi ha consigliato di andarlo a vedere e poi fatto compagnia durante lo spettacolo che "The Great Gig In The Sky" fatta nella primissima parte dello spettacolo poco c'entrasse con lo stesso ma fosse soprattutto un doveroso e giustissimo omaggio alla memoria di Richard Wright.

Andrea Olmi
Con la preziosa collaborazione di G. Prestianni


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da:
operaclick.com

Emiliano Galigani
Lucca - Teatro del Giglio: Welcome to the machine

Musical basato su brani dei Pink Floyd eseguiti dal vivo

Per chi crede che la ‘musica’ sia una soltanto, da classificarsi quanto si vuole - magari per tipo di strumenti con la quale viene eseguita ma non certo in categorie di valore – non dovrebbe suonare stravagante la scelta di una rivista operistica di occuparsi anche di un musical basato sui brani dei Pink Floyd, che con voci impostate ed orchestre sinfoniche e operistiche tradizionali non hanno praticamente niente a che spartire.

Per chi a tutti i costi vorrà storcere il naso, è doveroso ricordare che l’indiscusso leader ed autore della maggior parte dei brani del periodo più significativo della carriera della storica band inglese, prima dell’abbandono con strascichi legali nel 1985, è stato quel Roger Waters che appena tre anni or sono ha composto “Ça Ira”, la sua per ora unica opera lirica, con prima esecuzione mondiale a S.Cecilia a Roma, doppia versione in cd (in inglese e francese) e recenti repliche nell’esotica cornice del teatro d’opera di Manaus in Amazzonia, preludio, forse, ad una futura entrata in repertorio del titolo.

In quella stessa Lucca nella quale nel 2006, a poche decine di metri dal Teatro del Giglio, hanno risuonato le note di un eccellente concerto di Roger Waters e della sua band davanti a 12.000 persone (tra cui il sottoscritto), il suddetto teatro, reduce da una “Manon Lescaut” non proprio indimenticabile, ha ospitato “Welcome to the machine”, una ripresa, con alcune aggiunte di brani, di una produzione di alcuni anni fa interamente basata sulle musiche dei Pink Floyd. Musical molto sui generis (in pratica il filo conduttore appare poco più di un pretesto per eseguire dal vivo le musiche di quella che è probabilmente la più importante ed influente rock-band di sempre), l’allestimento brilla per molte ragioni. La principale consiste nel rispetto assoluto dei valori musicali dei brani originali, nonostante l’esecuzione vocale in forma (questa sì) assai vicina al musical vero e proprio, con abbondante uso di cori ed intrecci delle voci da parte dei numerosi - e tutti assai motivati ed efficaci - cantanti sulla scena, ivi comprese le interpreti femminili, che non di rado conferiscono una luce nuova e intrigante a brani che sin ora si ricordavano eseguiti dalle voci maschili dei componenti della band.

Lo spettacolo racconta, attraverso un sapiente utilizzo dei brani e dei relativi testi (adattati quel minimo che occorreva per rendere scorrevole e sensato quanto si vedeva sul palco) la storia romanzata di Syd Barrett, primo leader dei Pink Floyd, geniale meteora scomparsa nel 2006, che durò lo spazio di pochi 45 giri, un album e brandelli del secondo, prima di perdere il lume della ragione ancora giovanissimo, abbandonare la band e trascorrere gli ultimi decenni di vita in precario stato mentale, addirittura non ricordandosi più di essere stato mai stato una rockstar entrata nel mito. “Welcome to the machine” racconta gli inizi, il successo, le crisi e la caduta nella pazzia di Syd, con un filo conduttore che è in gran parte quello di “The wall” (album di fine ’79) e in parte quello della trilogia dell’alienazione (“The dark side of the moon”, “Wish you were here” e “Animals”) del periodo 1972-1977.

L’ideatore e regista dello spettacolo Emiliano Galigani sembra privilegiare il periodo in cui Waters è stato leader dei Pink Floyd, con la sola esecuzione di “Astronomy Domine” del breve ‘periodo Barrett’ e nessun brano tratto dai due album del dopo-Waters, nel quale il leader della band è diventato il chitarrista e front-man David Gilmour. Interessante la scelta non scontata della ‘scaletta’, con più di una citazione dell’album (a suo tempo criticato) “The final cut” del 1983, con cui Waters intendeva chiudere la vita della band.

Il pubblico che ha riempito il teatro era di età assai trasversale, più o meno tra i 20 e i 60 anni, a dimostrazione che la band è ormai un caposaldo della storia della musica del ‘900 e che la maggior parte dei fans attuali non sono nostalgici brizzolati, ma giovani che all’epoca di “The wall” non erano neppure nati, come peraltro è confermato dai costanti dati di vendita di cd e dvd dei Floyd, mai usciti di catalogo. Da registrare, tra gli altri, i tripudi per “Confortably numb”, per il prevedibile bis di “Another brick in the wall”, per il brano dall’album “Wish you were here” da cui è stato tratto il nome del musical e per “The great gig in the sky”, commovente omaggio al tastierista della band, Richard Wright, recentemente scomparso e che la compose nel ‘72.

L’allestimento molto essenziale - sulla carta un azzardo per chi identifica le musiche dei Pink Floyd con i faraonici e grandiosi concerti delle ultime tournée - in realtà risulta la conferma che le musiche della band sono di assoluto valore e di irresistibile impatto, sia se eseguite in uno stadio con impianto luci e audio trasportato da 49 tir, sia in un teatro intimo come il Giglio, con pochi effetti, qualche proiezione video (intelligente citazione degli spettacoli nei club dei primissimi Pink Floyd, all’epoca considerati all’avanguardia) e bei costumi fine anni ’60. Ottimo il quartetto di musicisti e davvero bravi tutti gli interpreti, che si dividono i momenti solistici di uno spettacolo lungo e appagante, con grandi applausi per tutti e ovazione per Francesco Dini, l’interprete di Syd.

Fabrizio Moschini


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